di Giuseppe Longo
UDINE – Il Ducato dei vini friulani volta pagina, anzi no. Perché alla sua guida rimane per un altro quadriennio Alessandro Salvin. Il Duca Alessadro I è stato, infatti, confermato a gran voce dall’assemblea dei Nobii che si è riunita sabato mattina, alla vigilia dell’apertura del Vinitaly di Verona, al quale il Vigneto Fvg è nuovamente grande protagonista, e l’indomani dell’inaugurazione di Aspargus 2025. Nell’occasione, è stata rinnovata anche la Corte Ducale che ora risulta formata da Paolo Abramo, Piero Biscontin, Enzo Cattaruzzi, Arrigo De Pauli, Manuela D’Andrea, Maurizio D’Osualdo, Filippo Facile, Mariaclara Forti, Renata Qualizza, Rodolfo Rizzi e Alessandra Tensi. Maestri dei Conti sono, invece, Claudio Angeli, Claudio Verdimonti, Federico Bravin, Enrico Furlan e Licio Laurino. A elezione avvenuta, un caloroso applauso di buon lavoro – alzando i calici con lo splendido Brut Metodo Classico dei Vigneti Pittaro – al Duca e a tutti i suoi collaboratori affinché i prossimi quattro anni siano ricchi di importanti risultati e di gratificanti soddisfazioni come lo sono stati quelli appena conclusi, animati da un genuino spirito di volontariato e di servizio a beneficio della prestigiosa vitivinicoltura friulana. «Il Ducato- ha sottolineato, infatti, Salvin nella sua ampia e apprezzatissima relazione – non è una società per azioni, non è un’azienda, né tanto meno una società commerciale. E un’associazione culturale senza scopo di lucro, come ben definito nel nostro Statuto, dove il contributo di tutti è esclusivamente su base volontaria». Aggiungendo poi: «Oggi, dopo quattro anni di intenso lavoro, di crescita e sfide condivise, desidero rivolgervi un sentito e doveroso ringraziamento. È stato un onore guidare la nostra associazione, e sono profondamente orgoglioso dei traguardi che assieme abbiamo raggiunto. Abbiamo affrontato momenti difficili, ma con determinazione e forte spirito di squadra, una delle caratteristiche che distinguono il nostro Ducato, siamo riusciti a trasformare le sfide in opportunità».
La gratitudine – «Abbiamo innovato, migliorato processi e consolidato la nostra presenza nel settore, dimostrando che il vero valore di un’organizzazione risiede ancora una volta nelle persone che la compongono. Alla Corte Ducale va il mio più sincero e sentito ringraziamento, non solo per essere sempre stata all’altezza dei compiti che via via venivano concordati e assegnati, ma per la continua proposizione e stimolo in un clima sempre sereno, non così consueto in altri ambiti, che ci ha permesso di continuare l’opera meritoria che i nostri padri fondatori, quelli che ormai ci osservano dal Ducato del cielo e quelli purtroppo pochi, ma per fortuna ancora tra noi, avevano immaginato per la nostra organizzazione. Persone davvero straordinarie come del resto i Maestri dei Conti, custodi della regolarità amministrativa, ai quali va altrettanto il mio grazie per essere sempre stati propositivi e collaborativi. Se oggi il Ducato è in salute, con i conti in ordine, lo si deve anche a loro. Un grazie particolare alla Fondazione Friuli e al suo presidente Giuseppe Morandini che ha voluto gratificarci non poco, ospitandoci nella nuova sede della Fondazione in un prestigioso ufficio che mai avremmo immaginato, e che conferisce un indubbio lustro al nostro Ducato, come pure il nostro grazie sincero alla Fondazione Renati Campus al suo presidente Agostino Maio e alla direttrice Renata Qualizza, nella sua duplice veste, tutti Nobili del Ducato ovviamente, che non si lamentano mai se approfittiamo della loro bontà e della loro pazienza, ospitandoci in questa bellissima sala multimediale, che tutta Udine invidia, senza peraltro dimenticare la sala mensa dove periodicamente si svolgono gli incontri sull’educazione al bere consapevole che attraggono ogni volta 250 e più studenti universitari, il che ci rende particolarmente orgogliosi, segno più che tangibile dell’attenzione che le giovani generazioni riservano a uno stile di vita più sano e responsabile come poi dirò a proposito di un altro “fenomeno”».
I fondatori – «Questo non sarebbe possibile senza l’impegno e la dedizione di tanti vignaioli, di Gianni Ottogalli, del nostro medico Oliviero Panzetta, della ammirevole e sempre disponibile Polizia Stradale e di Anna Lanzoni. Ai miei predecessori, al grande Isi Benini, ai Duchi Ottavio Valerio, Vittorio Marangone, Alfeo Mizzau, Emilio Del Gobbo, Piero Villotta e Loris Basso, impegnato oggi nella realizzazione della “vigna del Signore”, voluta direttamente dal Santo Padre a Castelgandolfo, con la vicinanza non solo spirituale del Cardinale Fabio Baggio, Nobile del Ducato, che ci vedrà anche assieme all’Uiliversità, partecipi a questo evento di straordinaria importanza, la nostra riconoscenza. A tutti il merito e il grazie più sincero per aver guidato per oltre un cinquantennio, questa istituzione attraverso le inevitabili crisi di settore, i rapidi e spesso complessi cambiamenti politici e normativi. Un ricordo affettuoso, infine, a tre amici del Ducato Piero Pittaro, Marco Felluga e Franco Marini che ci hanno lasciato recentemente».
La Ribolla gialla – «Pur non avendo subito cambiamenti radicali, la viticoltura friulana ha comunque registrato più che sensibili progressi in termini di tecniche di vinificazione, sostenibilità e innovazione nei processi produttivi, seppur con una transizione più graduale rispetto ad altre aree del Paese. L’eccessiva frammentazione dei produttori, almeno a mio parere, e di conseguenza la difficoltà a creare massa critica capace di incidere fortemente, è problema purtroppo antico nelle nostre terre senza il quale i traguardi pur prestigiosi della nostra viticoltura avrebbero avuto senza alcun dubbio risultati ancor più soddisfacenti. Vale un esempio per tutti: la nostra Ribolla gialla. Qualcuno obietterà che mi fermo spesso su questo aspetto, ed è vero, ma sono anche estremamente convinto che se ci fosse maggior coesione tra politica e produttori, e tra produttori stessi questo nostro autoctono, che sta salendo sempre più sulla ribalta dei consumi e del gradimento, potrebbe avere quella maggior tutela che si merita essendo un prodotto “nostro”, senza essere trascinato e peggio ancora confuso nel grande marasma delle varie ribolle gialle di cui il mercato si sta riempiendo, a prezzi da acqua minerale, ma che nulla hanno a che vedere con l’originale. Ovviamente penalizzandolo».
La vitivinicoltura friulana – «Il Ducato in questi anni è sempre rimasto unito, nonostante una leggera flessione nel rinnovo delle quote sociali, peraltro comune purtroppo a tutte le associazioni come la nostra, ed ha mantenuto intatto il messaggio affidatogli dai fondatori, come dicevo, senza far venir meno la qualità dei Nobili, scelti accuratamente per le doti, le qualità, la professionalità e la caratura morale di chi si accingeva a ricevere l’investitura. È per questo che oggi essere nel Ducato e ambirne farne parte è un segno di particolare distinzione. Com’è rimasto alfiere e difensore di quello splendido Vigneto Friuli, come noi amiamo chiamare, brand tra l’altro che abbiamo registrato e che rappresenta oggi uno degli avamposti più tecnologicamente avanzati del nostro Paese, nella ricerca scientifica, nell’innovazione in viticoltura, grazie agli uomini e alle donne che hanno dedicato e dedicano ogni giorno il loro lavoro e il loro sapere nell’accrescimento e nella salvaguardia dei risultati ottenuti. Università in primis con cui contiamo di proseguire la collaborazione, Consorzi, illuminati imprenditori, enologi, grandi ed efficaci comunicatori, senza dimenticare ovviamente Regione e Camera di commercio, hanno fatto e fanno sì che oggi i nostri vini si trovino nelle top ten mondiali, celebrati dalle più prestigiose riviste internazionali del settore».
I nemici del vino – «Non è tutto oro però, c’è anche qualche ombra, di cui bisogna parlare, che si sta allungando pericolosamente sui nostri mercati e sta mettendo in seria difficoltà le nostre aziende per lo più impreparate ad affrontare situazioni di crisi nei confronti di attori internazionali. Non ci sono solo i dazi, altissimi così come sono stati annunciati, a preoccupare l’export delle nostre aziende verso uno dei loro principali mercati, ma anche da una strisciante e per questo molto pericolosa ostilità nei confronti del vino, fino a farlo diventare pericoloso quasi più del fumo delle sigarette. Poi vediamo quali sono gli autori e allora ci si rende conto di quanto interessi economici e ideologia giochino in questo ambiguo messaggio, che non esclude purtroppo anche istituzioni come il Parlamento europeo.Prima di avventurarsi in simili affermazioni gioverebbe ricordare come in Europa il settore vitivinicolo, oltre a impiegare quasi 3 milioni di persone, contribuisce in modo significativo all’economia, generando 130 miliardi di euro di Pil con 52 miliardi di entrate fiscali. L’enoturismo è un altro aspetto rilevante, con circa 36 milioni di visitatori dati 2022 ma in forte crescita, che hanno generato entrate per quasi 15 miliardi di euro, rafforzando ulteriormente l’economia delle regioni rurali europee. Sono cifre su cui non si può scherzare e in merito alle quali va posta una particolare attenzione: il problema si chiama vino dealcolato. Pur compre contenuto alcolometrico tra lo 0,5% e l’1,2 % per il parzialmente dealcolato, che però potrebbe scendere sotto lo 0,5% per i vini completamente analcolici. Ma a questo punto non chiamatelo più vino».
La tradizione enologica – «Ragioni salutiste da un lato, ideologiche e opportunità commerciali dall’altro, sono diventate il motore di un’autentica crociata nei confronti come dicevo prima, di una delle bevande iconiche più celebrate, non possiamo che affermare la nostra perplessità, per non dire contrarietà. In molte regioni il vino è legame con il territorio e le tradizioni locali. Le feste enogastronomiche, i rituali di vendemmia e la trasmissione delle tecniche di vinificazione sono elementi fondamentali per l’identità culturale di un popolo. Il vino è storicamente una bevanda alcolica, fortemente radicata in tradizioni e riti che tutti conosciamo. Per molti, il piacere e il valore del vino risiedono proprio nella sua componente alcolica, che ha significati simbolici e sociali profondi. Le nostre aziende, non solo quelle della nostra Regione, in maggior parte di struttura e dimensioni medio piccole, rispetto ai grandi Marchi che possono questi si, aggredire i mercati alcol free, sono impegnate costantemente nella ricerca di una sempre maggior qualità del prodotto e questo potrebbe fare la differenza per mantenere inalterate le quote di mercato. Noi crediamo in senso generale, che la maggior consapevolezza e maturità, specie nelle giovani generazioni, di un bere consapevole, qui il Ducato ne fa un punto di orgoglio come già ricordato, e più responsabile, anche influenzato sicuramente da nuovi stili di vita, possa contribuire a mantenere il nostro vino così com’è. Facciano pure il vino senza alcol, noi il nostro lo terremo così com’è».
L’idea ispiratrice – «Le ragioni che portarono alla creazione del Ducato oltre cinquant’anni fa, al di là dello spirito, non sono ovviamente né più attuali né replicabili. Abbiamo già detto molte volte quali sono i motivi senza bisogno di ripeterli. Rimangono però intatti e lo ripeto, lo spirito, la dedizione, la storia e l’immagine, mai offuscata e ancora oggi degna di grande considerazione e rispetto. In questi quattro anni abbiamo cercato di mantenere intatte le nostre qualità, e le nostre aspirazioni non senza difficoltà a volte, data la limitatezza delle risorse, che ci ha impedito una più marcata presenza sui territori, anche ovviamente fuori dai confini regionali, soprattutto sull’aspetto promozionale del Vigneto Friuli come avremmo voluto. Su questo aspetto però devo sottolineare come la collaborazione con l’Ente Friuli nel Mondo, che inizia con la storia stessa del Ducato, rafforzata con Loris Basso e che ora continua con il nuovo presidente Franco Jacop, ci consente di far sentire la nostra storia e la nostra voce tramite una rubrica che il vostro amato Duca, pubblica su ogni numero della rivista Friuli nel Mondo e che raggiunge ogni due mesi 78 paesi nel mondo attraverso i nostri Fogolars. Articoli che hanno ovviamente, oltre che a illustrare l’attività del Ducato, l’informazione a 360 gradi su quel che succede nel nostro Vigneto Friuli. Ciò che fece il primo Duca, Ottavio Valerio, presidente al tempo anche dell’ente Friuli nel Mondo, girando avanti e indietro per i cinque continenti, ora lo facciamo noi dalle pagine di una bella rivista. Il mondo oggi viaggia così!».
Il Premio Isi Benini – «Non starò a farvi l’elenco dettagliato, in ogni caso, dell’attività svolta in questi quattro anni anche perché la vostra partecipazione è stata sempre numerosa e quindi lo sapete già. Degli incontri dedicati al bere consapevole ho già detto, voglio però sottolineare il Premio Ricordo Isi Benini che mantiene vivo il ricordo di un uomo straordinario che ha lasciato un segno indelebile nella storia del giornalismo e della viticoltura friulana, al di là di essere stato il nostro fondatore, e che acquista anno dopo anno sempre maggior plauso e interesse per l’alto profilo delle personalità a cui viene assegnato».
Il ritorno di Asparagus – «Asparagus è un brand in continuo costante successo, che abbiamo portato da biennale ad annuale giunto quest’anno alla sua 25esima edizione è diventato oramai uno dei simboli più riconosciuti e più ricercati dell’enogastronomia regionale, registrando un numero di partecipanti che complessivamente supera oggi anche le 1000 presenze con non pochi partecipanti dalle vicine Austria e Slovenia. A proposito ieri sera c’è stato il primo degli otto appuntamenti previsti quest’anno, 9 se contiamo anche Milano, con il tutto esaurito al Grop di Tavagnacco da ben prima che iniziasse la campagna pubblicitaria. Caratteristica che si sta verificando anche negli altri Ristoranti. A puro titolo di cronaca, tanto per darvi un’idea, l’organizzazione di Asparagus inizia ai primi di gennaio di ogni anno, con la riunione dei ristoratori e prosegue ininterrotta fino alla fine di maggio. Così più o meno si verifica per tutte le altre nostre attività, con un impegno a tratti quasi quotidiano da parte di tutti che è l’immagine della dedizione e dell’affetto verso il nostro Ducato».
Il Frico – «Frico 4.0, simbolo della gastronomia “povera” della nostra terra, ma celebrato ora in non poche riviste come piatto rappresentativo della tradizione friulana, che abbiamo destinato generalmente alle trattorie, partito in sordina ma che registra anch’esso ormai il tutto esaurito nelle serate programmate. Senza contare le convivialità tematiche, le Agapi come noi le chiamiamo che vanno dalla Rosa di Gorizia, ai Sardoni barcolani, alla selvaggina, alla visita alle cantine con annesse degustazioni eccetera. Ho lasciato per ultimo le Diete che sono il momento celebrativo più intenso del Ducato che abbiamo cercato di rendere il più solenne possibile, come del resto deve essere, anche per un doveroso senso di rispetto verso i nuovi Nobili che si avvicinano sempre molto emozionati al momento dell’investitura, com’è giusto che sia! Possiamo consentirci un po’ di presunzione nell’affermare che il nostro scopo di contribuire seppur in minima parte, con i mezzi che abbiamo e con tanta buona volontà all’economia regionale, sia stato raggiunto, come ci viene riconosciuto peraltro, con nostra grande soddisfazione dalle autorità regionali».
Le cariche – «E veniamo così al rinnovo delle cariche… La lista della Corte Ducale che si presenta a voi per il prossimo quadriennio, trova alcuni nuovi inserimenti, com’è giusto che sia in un’ottica di graduale rinnovo, rispetto a quella votata 4 anni fa, e con uno sguardo al futuro, rappresenta una indubbia pluralità di esperienze e competenze che garantiscono al Ducato quel valore aggiunto indispensabile a proseguire verso ambiziosi traguardi. La Lista dei Maestri dei Conti è per forza di cose separata, come vedete sono 5 i candidati per tre effettivi del collegio e due supplenti, con le modalità previste dal nostro Statuto. Questa è la nostra idea di Ducato, che cercheremo di replicare, se ci vorrete concedere ancora la vostra fiducia, cercando naturalmente di fare meglio, dando maggior spazio alla conoscenza e all’informazione, fatte salve tutte le altre attività storiche che sono il nostro Dna, incrementando le visite anche fuori regione laddove nuove tecnologie, profumi antichi e incomparabili tradizioni hanno fatto la storia della viticoltura e che meritano di essere patrimonio culturale di ognuno di noi».
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In copertina il confermato Duca Alessandro I, al secolo Alessandro Salvin; all’interno, due immagini dell’assemblea riunitasi alla Fondazione Renati a Udine.
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