Nell’ambito dell’incontro “La vite e il vino nella simbologia cristiana e nella cultura materiale del Nord-Est”, è in programma a Fiume Veneto una tavola rotonda per raccontare l’esperienza di tre produttori che hanno fatto la storia della viticoltura di Veneto e Friuli Venezia Giulia: Albino Armani, Alberto d’Attimis Maniago e Alberta Bulfon. L’appuntamento è fissato per domani, alle ore 18.30, all’Ultimo Mulino. L’incontro è organizzato dall’associazione culturale Noria e condotto dal professor Giuseppe Virgilio, con la moderazione di Emilio Mordini. A chiusura dei lavori, il pubblico potrà apprezzare un rifresco Al fogolar e conversare con i relatori della serata, degustando un calice di buon vino offerto dai tre vignaioli.
Albino Armani nasce sul Monte Baldo, in quella striscia di terra ancora oggi poco conosciuta, la Vallagarina, che separa Veneto e Trentino, a rappresentare uno storico collegamento tra il mondo mediterraneo e quello alpino. Dal 1607, la famiglia Armani è legata a doppio filo a questo territorio – “Io sono di questa valle. Come un sasso, come una pianta, appartengo a questa terra”, dice sempre Albino; una terra che proprio sull’antica componente agricola e sul “saper fare” – approccio che ancora oggi caratterizza ogni aspetto aziendale e produttivo – ha fondato la propria ricchezza.
Dalla vigna alla cantina, per Albino Armani, da sempre, il vino è tutto tranne che una bevanda. È storia, identità, tradizione, cultura, paesaggio, e come tale va rispettato, valorizzato e protetto, perché parte integrante del patrimonio sociale e culturale. Secondo Albino Armani, le scelte degli agricoltori o di chi, più in generale, produce reddito dal proprio territorio giocano un ruolo fondamentale nella valorizzazione dello stesso. È doveroso mostrare un atteggiamento responsabile in ogni aspetto produttivo, e quindi anche nella proposta enologica, e una visione più ampia di sostenibilità ambientale, che parli sì di buone pratiche agronomiche, ma anche di salvaguardia e di “sostegno” vero e proprio di tutto il territorio, verso un obiettivo comune di chi condivide e vive uno stesso luogo. “Per possedere questo concetto di sostenibilità credo sia fondamentale appartenere a un territorio e sentirlo tuo”, dice l’imprenditore agricolo.
Da oltre trent’anni, infatti, la famiglia Armani si dedica alla ricerca, alla selezione e alla salvaguardia di alcune varietà ancestrali autoctone della Vallagarina che erano a rischio di estinzione, come il Casetta (Foja Tonda nel dialetto del posto, coltivata anticamente nei territori di Dolcè, Ala e Avio) o la Nera dei Baisi, con l’obiettivo di restituire identità a questa “terra di mezzo”. Un lavoro lungo ed appassionato – oggi testimoniato dalla preziosa Conservatoria (un vigneto che ospita al suo interno 13 varietà locali oggetto di studio e di tutela) – svolto in collaborazione con importanti istituti di ricerca come la Fondazione Mach di San Michele all’Adige e che ha portato a grandi risultati: dal 2002, infatti, il Foja Tonda è stato reinserito tra i vitigni ammessi alla coltivazione (con iscrizione al catalogo nazionale delle viti) e dal 2007 riconosciuto Doc Terra dei Forti.
Un’attrazione per le uve indigene che si estende oggi anche nell’Alta Grave Friulana, a Valeriano di Pinzano al Tagliamento, e che dà vita al più recente progetto Terre di Plovia, dove l’azienda ha portato il suo modo di lavorare rispettando e valorizzando l’identità ampelografica – che vanta vitigni storici e poco conosciuti come lo Sciaglin, il Piculit Neri e l’Ucelut – e la cultura vitivinicola locale.

La partecipazione all’evento è gratuita, ma è necessario registrarsi inviando una mail a
info@noria-onlus.it oppure telefonando a L’Ultimo Mulino allo 0434-957911.
www.albinoarmani.com

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In copertina, Albino Armani nei suoi vigneti friulani delle Grave.

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