Più informati, più attenti, preoccupati per il loro futuro in rapporto al degrado ambientale: nei giorni del #lockout e della libera circolazione anche fra regioni, gli italiani si scoprono cittadini del loro tempo. «La parola ambiente – spiega il fondatore della campagna Spreco Zero, Andrea Segrè, presidente di Fondazione Fico – esce da qualsiasi concetto astratto ed entra con prepotenza nella “hit” delle priorità di vita: ben 7 italiani su 10 (68%), infatti, dimostrano di saper correttamente definire la “biodiversità” come “una molteplicità di specie animali, vegetali e microorganismi” e con altrettanta precisione 4 italiani su 10 mettono in collegamento la perdità di biodiversità e l’alterazione degli equilibri ed ecosistemi a conseguenze rilevanti se non addirittura catastrofiche per l’abitabilità terrestre, come la pandemia Covid-19». Un restante 37% manifesta “moderata preoccupazione” per la perdita della biodiversità, confidando che un po’ di impegno consenta all’umanità di risalire la china. Solo 1 italiano su 10 (9%) ritiene che non valga la pena preoccuparsi, e che la perdita di biodiversità sia fisiologica nell’evoluzione degli ecosistemi, ma nell’insieme oltre i 3/4 dell’opinione pubblica hanno colto la serietà delle condizioni. Sono i dati del nuovo Rapporto #Biodiversità, I care 2020 dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg, diffusi dalla Fondazione Fico con la campagna Spreco Zero della Giornata mondiale dell’ambiente in calendario proprio oggi, 5 giugno, e che quest’anno è dedicata proprio alla Biodiversità. L’indagine Waste Watcher è stata condotta dal 27 al 29 maggio su 1000 soggetti in tutta Italia, secondo un campione statistico per sesso, età, macroaree di residenza, ampiezza del Comune di residenza.

Andrea Segrè

(Photo by Roberto Serra – Iguana )

Preservare la biodiversità, quindi, ma come? Secondo 1 italiano su 2 (50%) sono necessari e urgenti prodotti e detersivi a basso impatto ambientale, mentre per il 42% degli intervistati la strada è privilegiare la varietà di prodotti agroalimentari del territorio attraverso la spesa della famiglia. Sono soluzioni che dimostrano la comprensione dei pericoli in atto e non di difficile attuazione. Ulteriori azioni utili: per 1 italiano su 4 l’impegno nel riutilizzo del cibo avanzato in compost per giardinaggio, per 1 su 5 la pratica di piccole coltivazioni di orto/giardino che valorizzano la biodiversità, per il 17% l’attivazione in esperienze dirette della biodiversità attraverso escursioni e viaggi in luoghi ad alta biodiversità e aree protette. Se agli italiani viene richiesto un impegno personale, quale scelgono di garantire in favore del basso impatto ambientale e di un footprint sostenibile? Un italiano su 2 (53%) si dichiara in prima linea nella raccolta differenziata e sempre il 50% degli intervistati ritiene si debba guardare innanzitutto alla prevenzione dello spreco alimentare. Mentre 4 intervistati su 10 (40%) sono disponibili a ridurre i propri consumi idrici ed energetici, e quasi altrettanti (37%) ad effettuare i piccoli spostamenti a piedi, in bicicletta, in monopattino. Meno fortuna per altre tipologie di impegno sostenibile: come la dotazione di pannelli solari, indicata solo da 1 intervistato su 4 (25%) o l’acquisto di auto elettriche (20%), mentre solo 1 italiano su 10 (12%) si dichiara disposto a ridurre viaggi e movimentazione a mezzo aereo (ma la percentuale di italiani che vola è pari a 1 su 5 circa), e il 13% si considera già su standard adeguati a livello di comportamenti e abitudini sostenibili.

Ma quali sono i segnali che arrivano agli italiani dall’ambiente? Nelle settimane di lockdown innanzitutto l’aria pulita come termometro di un habitat piu’ sano secondo l’83% degli italiani, ma anche acque più pulite dei mari, fiumi e laghi per 7 intervistati su 10, oltre alla maggiore varietà o presenza di volatili nei cieli (63%) e di specie di animali che in precedenza non si avventuravano in area urbana (56%). Sono soprattutto le specie animali a farsi notare per la loro rarefazione, nella crisi complessiva della biodiversità: farfalle e insetti per il 66% degli italiani, grilli rane e cicale per il 63%, ma un segnale inquietante arriva per 6 intervistati sulle 10 dalle cosiddette specie “aliene”, ovvero piante/animali invasivi di origine esotica/alloctona, che avvistiamo nel nostro ambiente e che sono stati importati dalla loro area di origine. Solo la scelta di frutta e verdura è un indicatore in calo meno percepito (41%): probabilmente, nei luoghi di vendita l’offerta è ancora sufficientemente ampia.


«Esiste uno stile alimentare che, secondo gli italiani, è piu’ rappresentativo della biodiversita’: la dieta mediterranea, secondo il 63% degli intervistati – osserva ancora Andrea Segrè –. Una valutazione pressoché unanime, perché la dieta onnivora è la più “biodiversa” solo per il 16% degli intervistati, e quella vegetariana/vegana per il complessivo 11% delle risposte. Questo ci permette di dire che, complessivamente, abbiamo fatto dei progressi nella strada dell’educazione ambientale e alimentare. Anche se molto resta da fare in vista degli Obiettivi di sviluppo dell’Agenda 2030, ed è questo il momento per uno scatto decisivo. Come abbiamo sperimentato nelle ultime settimane, siamo al limite. Con la pandemia Covid-19 il 2020 è diventato punto di svolta obbligato e la perdita di biodiversità è indicata fra le cause scatenanti di epidemie virali. Secondo la più autorevole rivista scientifica mondiale, Nature, se il riscaldamento globale dovesse continuare con il ritmo attuale, entro la fine del 21esimo secolo scatterà un allarme estinzione per il 73% delle specie animali e vegetali di tutto il mondo».

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