di Giuseppe Longo

SESTO AL REGHENA – E alla fine, dopo un anno esatto, protette dalla terra e dalle acque della vigna che ne aveva prodotto le uve, le 555 bottiglie di “Vinum Terrae” sono tornate a “riveder le stelle”. Calzano veramente a pennello le parole del Sommo Poeta a proposito di questo progetto originale e unico in Italia volto a sperimentare la “maturazione” del vino nel sottosuolo e che ha visto protagonista la Cantina Produttori di Ramuscello e San Vito, sempre in prima linea quando si tratta di adottare iniziative atte a far crescere e migliorare l’attività a vantaggio della cooperativa, una delle principali nel Vigneto Fvg, e dei suoi associati. Lo avevamo visto proprio un anno fa con l’inaugurazione dell’innovativo impianto di depurazione delle acque reflue della lavorazione enologica. Lo constatiamo nuovamente adesso tirando le somme di questa importante iniziativa che ha impiegato, per la singolare sperimentazione, un Refosco dal peduncolo rosso 2022 Doc Friuli Venezia Giulia. E con la quale ci si propone anche un significativo fine benefico. Infatti, dopo l’etichettatura con la collaborazione dei ragazzi del Liceo artistico “Enrico Galvani” di Cordenons, parte del ricavato andrà alla Comunità di Sant’Egidio per contribuire a finanziare i Corridoi umanitari, come hanno anticipato il presidente Gianluigi Trevisan e il direttore Rodolfo Rizzi.


Come avevamo a suo tempo riferito, le bottiglie, raccolte in un apposito cassone, erano state riportate in superficie dal braccio di una pala meccanica, alla fine di aprile in occasione della Giornata mondiale della Terra: nella stessa circostanza era avvenuto il loro interramento nel 2023. E l’altra mattina, in anteprima assoluta, è stato valutato (per la verità, il privilegio di essere i primi davvero è stato giustamente riservato, subito dopo l’operazione di recupero, ai dirigenti e collaboratori della Cantina) da una dozzina di degustatori al cui tavolo anch’io ho avuto l’onore di esserci. Con il consigliere regionale Lucia Buna e il neo-sindaco di Sesto al Reghena – Città del Vino, Zaida Franceschetti, c’erano Claudio Fabbro, Stefano Cosma, Gino Vendrame, Michele Bertolami, Marco Rabino, Ivan Volpatti, Antonio Zuliani e Adriano Del Fabro. Con i quali Trevisan e Rizzi, tra un sorso e l’altro, hanno intrecciato anche una interessante discussione su problemi e prospettive della vitivinicoltura friulana.
Ma come si è ritrovato questo vino, rimasto sotto terra per 365 giorni, al buio, nel più assoluto silenzio, accarezzato dalle acque di risorgiva del Tagliamento – il grande fiume alpino, ancora tutto “naturale”, che scorre a poca distanza – e a una temperatura costante di 12 gradi? La qualità di questo Refosco, già ottimo come evidenziato dal “testimone” non interrato, si è dimostrata molto interessante e ha suscitato in tutti i degustatori, tecnici e no, buone sensazioni in generale, consentendo loro di riscontrare pure delle note vellutate, accompagnate da aromi delicati e piacevoli. Operazione, insomma, promossa a pieni voti. Con un risultato che ha premiato lo spirito di intraprendenza della cooperativa, arricchendone l’immagine, che ora continua il progetto con un’altra partita della stessa varietà autoctona (pure messa in degustazione). Gli scopi della sperimentazione sono, infatti, migliorare la qualità e le caratteristiche organolettiche del vino, promuovere pratiche sostenibili, coniugare tradizione e modernità per offrire un prodotto unico e di alta qualità, oltre che lanciare un messaggio sociale.
«È una delle tante azioni di sostenibilità e socialità (in questo caso, contribuendo alle attività della Comunità di Sant’Egidio) che la nostra Cantina cooperativa ha intrapreso da alcuni anni – ha spiegato il presidente Trevisan -. L’affinamento in terra non consuma energia e consente di adottare una pratica enologica, seppur limitata, che coniuga tradizione e modernità. Nel 2023 abbiamo avviato l’esperimento e, nel 2024, l’abbiamo ripetuto poiché riteniamo rappresenti bene la sintesi di come la Cantina, con i suoi dirigenti e soci, intenda interpretare il presente ma, soprattutto, il futuro del vino. Una degustazione che mi ha emozionato: assaggiare per la prima volta questo Refosco è stata veramente un’esperienza unica e irripetibile. Ho pensato a quanto lavoro e impegno è stato profuso dai nostri soci e da tutti i collaboratori per ottenere questo eccellente risultato».

«Visto il buon risultato, anche qualitativo dell’infossamento – gli ha fatto eco l’enologo Rizzi, che ha puntellato le sue illustrazioni con diapositive e filmati – abbiamo pensato pure alla sua valorizzazione. Perciò, sono stati coinvolti i ragazzi della classe 3ª E del Liceo artistico “Galvani” di Cordenons per la realizzazione dell’etichetta. Con nostra piacevole sorpresa, abbiamo trovato 16 studenti talmente appassionati e bravi che ci è parso naturale utilizzare non una, ma tutte le etichette da loro proposte, abbinate ognuna a 35 bottiglie, firmate e numerate. Inoltre, sulla bottiglia verrà mantenuta parte della terra che l’ha gelosamente custodita per un anno, con una speciale colla. All’etichetta, inoltre, sarà pure abbinato un microchip che le consentirà di assumere un’identità digitale unica in ambiente Nft, con la possibilità di effettuare degli scambi virtuali tra i possessori delle bottiglie. Infine, le bottiglie saranno conservate e commercializzate in una originale confezione di legno. Crediamo, così, di aver fatto molto per impreziosire questo prodotto unico, limitato e caratteristico del nostro territorio che verrà posto in vendita a fine anno. Parte del ricavato verrà devoluto alla Comunità di Sant’Egidio, a Roma, per sostenere il suo gravoso e importante impegno della gestione dei Corridoi umanitari».
Ottenuto, dunque, il “via libero” della commissione d’assaggio, il secondo “step” del progetto sarà appunto il confezionamento delle bottiglie alle quali, come detto, rimarranno attaccate tracce dell’argilla di questa importante zona vitivinicola in riva al Tagliamento, offrendo così da subito un impatto visivo dell’affinamento avvenuto a due metri di profondità, a contatto di una terra generosa e di limpide acque di falda. Ma questa è soltanto la prima fase di “Vinum Terrae” perché adesso il progetto continua, dal punto di vista tecnico ma anche solidale. Perché, infatti, il suo fine umanitario non verrà meno.

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In copertina, i tre Refoschi posti in esame a Ramuscello; all’interno, tutti i protagonisti della importante mattinata  e alcune immagini della degustazione coordinata da Gianluigi Trevisan e Rodolfo Rizzi, con i saluti del sindaco Zaida Franceschetti e del consigliere regionale Lucia Buna.

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