(g.l.) «Purtroppo, senza il suo mitico ippocastano a farle da guardia, l’antica osteria di Nimis appare adesso un po’ orfana pur rimanendo sempre un impareggiabile angolo di “vecjo Friûl”». Si conclude con queste parole un bell’articolo che la redazione del periodico del Comitato friulano difesa osterie ha dedicato a “Là di Ridolf” nel numero uscito in occasione delle festività natalizie. «Albero di alto fusto, uno splendido esemplare del quale ha troneggiato a lungo e quasi immemorabile tempo al centro del cortile antistante l’antica osteria “da Ridolf” di Nimis. Della quale era diventato il simbolo con il suo imponente tronco dalla circonferenza valutabile alla base di circa quattro metri e, soprastante, una chioma ampia e fitta che ombreggiava gran parte dell’area sottostante».


«La sua ultrasecolare vita – si legge ancora su “L’Osteria friulana” che propone già nella copertina una bella immagine del “fogolâr” acceso – è terminata lo scorso anno, dovendo venire abbattuto perché ammalato. Necessità perfino dolorosa». E aggiunge: «Certamente che lui si è portato via tanta storia della osteria di Nimis a cui garantiva protezione. E si tratta di locale originato almeno un paio di secoli fa per merito di Toni Comelli che faceva l’agricoltore. Gli è succeduto il figlio Rodolfo il quale, appunto, ha ribattezzato l’osteria con il suo nome, “da Ridolf, facendola diventare sinonimo di buon vino e sana gastronomia friulana». E ancora: «Adesso la gestisce Anna Tomada, pronipote di “Ridolf”!: bel campione di ostessa, ospitale e che da dietro il banco si fa valere proponendo frico, polenta, frittate, salame all’aceto oppure cotto nella cenere del “fogolâr”» che «durante i mesi freddi viene sempre tenuto acceso dando il benvenuto agli avventori i quali si accomodano volentieri ai tavoli per bere un bicchiere, disputare una partita a carte, spuntinare». «Il tutto  – conclude – annaffiato da vini garantiti. Da suggerire, fra i bianchi, un Verduzzo dalla quasi medicamentosa bontà».
Il grande ippocastano in mezzo al cortile non c’è più. Ed è un vero peccato perché era un autentico testimone della storia che Nimis ha vissuto nel Novecento. Ma a raccontarla resta pur sempre l’osteria come tale, che ne ha viste di cose. Basterebbe a rievocarle soltanto quel tavolo posto vicino al citato “fogolâr” dove si sono avvicendate tante indimenticabili persone del paese, per giocare a carte, a “morra” o semplicemente per chiacchierare commentando, in maniera quasi sempre accesa come il vicino fuoco, la vita di ogni giorno. Tantissime persone, alcune dei veri personaggi, che non ci sono più, come non c’è più Teresa e da prima ancora il suo Guido – i genitori di Anna – che avevano riempito una pagina molto importante di questa osteria, vero volto del vecchio Friuli, integrando quella che avevano già scritto Toni e Anute. Tutti volti che è impossibile dimenticare.

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In copertina, il bellissimo “fogolâr” e all’interno la sua stanza con il tavolo delle famose partite e discussioni;  e l’ingresso della tipica osteria di Nimis.

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